Cosa dire del 1977…
Come vedete dalle foto, ero un bambino sano e timorato di Dio.
Ma anche vessato da mio fratello maggiore Angelo, che con le mitiche scarpette a buchi e la faccia da angioletto teppista, mi schiacciava il povero piedino puzzino puzzino.
La mia futura moglie Bea era la goccia d’acqua del suo futuro figlio Luca, proprio come io lo ero del mio futuro figlio Giovanni.
Per il resto, beh, tralascerei una serie di cose che noi umani non potremmo mai capire (a Marsiglia è stata usata per l’ultima volta la ghigliottina), nonché le assurde vicissitudini degli anni di piombo, o le notiziole simpatiche tipo che la Rai ha cominciato a trasmettere ufficialmente a colori dopo l’addio al Carosello e il benvenuto alla moderna pubblicità (io, comunque, ho dovuto aspettare il 1985 per vedere la tv a colori in casa mia) e comincerei dal cinema.
Tra filmetti erotici (con e senza la divina Edwige Fenech) e filmotti dell’orrore (Suspiria di Dario Argento, giusto per citarne uno, che ancora oggi non mi fa dormire la notte, ma di cui apprezzo la colonna sonora dei Goblin), in Italia hanno attirato la mia attenzione Casotto di Sergio Citti (che avranno dato miriadi di volte a notte fonda su Rete 4) e Un borghese piccolo piccolo di Monicelli (film imperdibile, con il grandissimo Alberto Sordi in forma strepitosa).
C’è da dire che in quegli anni io avrei preferito di gran lunga Elliott, il drago invisibile (che in effetti ho visto più volte in tv, ma anni dopo) o Le avventure di Bianca e Bernie (di cui avevo il mio unico “filmino” a colori per proiettore, rigorosamente muto – ah, quante volte ho visto la scena della libellula Evinrude, sporca e stanca che spara fuoco dopo aver bevuto una goccia di non so quale alcolico!) o I due superpiedi quasi piatti Bud e Terence. Il 1977 è anche l’anno di New York, New York (che non ho mai capito se mi sia piaciuto o mi abbia fatto schifo), ma soprattutto è l’anno dell’unico film che salvo della ics-logia di Star Wars, ossia quello nato solo e poi rovinato da cambiamenti e seguiti (Ian Solo era uno spietato assassino, fatevene una ragione!) dal titolo Guerre Stellari (senza numeri o nuove speranze).
Rispetto ai libri, mi tocca parlare del solito King, ma che vi devo dire, ho letto così tanti suoi libri da non trovare tempo per altri autori degli anni 70…
Il 1977 è il primo anno di Richard Bachman (con questo pseudonimo Stephen King ha pubblicato Ossessione) , ma è anche l’anno di Shining, anche se per me il titolo è e rimarrà per sempre Una splendida festa di morte (libro che, a dire il vero, in Italia è uscito nel 1978).
Direi che non serva dilungarsi sull’argomento, quindi concludo con la musica.
Anno d’oro il 1977 per la canzone d’autore italiana.
All’estero ci sono cose pregevoli come il doppio degli Elo Out of the Blue (Turn to Stone e Mr. Blue Sky) , I Robot degli Alan Parsons, la versione dance di Don’t Let Me Be Misunderstood dei Santa Esmeralda e News of the World dei Queen (We are the champions e We will rock you), ma anche Heros di Bowie e Lust for Life di Iggy Pop (frutto, entrambi, della magia del periodo berlinese dei due artisti in disintossicazione).
I Pink Floyd regalano al loro pubblico la versione studio “riarrangiata” e “rititolata” di due pezzi presentati dal vivo insieme a Whish you were here del ‘75, ma scartati dall’omonimo long plane (ho consumato sia disco, sia cassetta, sia cd di Animals), ma come ho accennato prima è in Italia che il cantautorato fa faville.
Rino Gaetano esce con Aida, Angelo Branduardi con La pulce d’acqua (che capolavoro l’apertura del disco con Ballo in Fa diesis minore!!!), Baglioni si chiude in se stesso e tutto da solo fa uscire Solo (primo disco maturo e non più propriamente etichettabile come adolescenziale), Pino Daniele esordisce con Terra mia (e per me si poteva anche fermare qui, salvo qualche ottimo pezzo qua e là tipo Je so’ pazzo), Finardi indossa il guantone di Diesel (ragazzi! che inquietudine Scimmia, solo per questa canzone e per la batteria di Walter Calloni, quasi quasi avrei fatto vincere questo disco), Tozzi gira di do con È nell’aria ti amo, Fossati baglioneggia un po’ troppo con La casa del serpente (che per me è un gran disco comunque, anche grazie a Mia Martini), Battisti dice addio al progressive sperimentato con Anima Latina e affinava la dance sperimentata l’anno prima (La batteria, il contrabbasso, eccetera) con Io tu noi tutti, Bennato ci racconta il suo Pinocchio con Burattino senza fili, Dalla ci spiega quanto sia profondo il mare, ma per me il disco da premiare del 1977 è Samarcanda di Roberto Vecchioni.
Samarcanda è un LP che ho amato e che amo ancora moltissimo: profondo, con ottimi arrangiamenti che subiscono l’inevitabile influenza dei Pink Floyd, con pezzi bellissimi, arricchiti anche dal prezioso apporto di Branduardi e Tony Esposito, e con testi velati dalla malinconia del professore della canzone italiana che, pur ammiccando a Gaber, soffre per la recente scomparsa del padre.
Insomma un gran bel disco davvero.
E dal 1977 è tutto.
Alla prossima
ciao
D.