Da qualche tempo mi frullava per la testa un’idea: ogni volta che camminavo sul ponte dell’Aurelia sopra Sori si materializzava un pezzetto di un racconto piuttosto macabro.
A dire il vero non credevo che lo avrei scritto – non ho molta voglia di scrivere in questi giorni – quindi pensavo che si trattasse di una delle migliaia di pagine immaginarie che nascono, prendono forma e poi muoiono nella mia testa.
Poi però mi sono imbattuto in un concorso che sembrava fatto apposta per lui. Così mi sono seduto davanti al computer e questo è il risultato.
Con tanti auguri di buon Natale a tutti.
D.
25 dicembre, ore 16:58 e 13 secondi
Nel campetto accanto alla chiesa sono rimasti quattro ragazzi. Prima erano dodici, troppi rispetto allo spazio a disposizione, ma avevano comunque fatto una partita sei contro sei, e il tempo era volato. Ora invece sono pochi: giocare due contro due non è divertente, ma non lo è nemmeno tornare a casa. Per fare cosa, poi? Per sentire i genitori sbraitare? Tommaso non ci pensa nemmeno. O per aspettare fino a chissà che ora che arrivi qualcuno? Anche Leonardo preferisce restare nel campetto. Enrico, poi, di passare la solita serata con sua madre che finge che il Natale non esista non ne ha nessuna voglia. Solo Mattia a casa ci tornerebbe anche volentieri, ma a due calci al pallone non si rinuncia nemmeno il giorno di Natale, ecco perché è ancora lì.
17:01 e 22 secondi
Il semaforo è verde, ma si è formata comunque una piccola coda. È colpa del bus che sta facendo scendere i passeggeri. Eugenio non ha fretta, passerà quel che resta di questo merdoso Natale da solo, ma non gli importa, perché odia le feste. L’unica cosa buona che hanno è che i turni vengono pagati di più.
Arriva l’arancione e dal bus stanno ancora scendendo due ragazze, starnazzano come oche sotto lo sguardo disgustato di una vecchia. Eugenio detesta aspettare, poi la sua Honda CBR 250R non è fatta per stare ferma. Accelera e l’asfalto vibra. Una delle due ragazze, dallo spavento, bestemmia. L’altra urla che vorrebbe vedere Eugenio spiaccicato sotto un tir.
17:03 e 58 secondi
Mattia batte il rigore senza convinzione. In porta c’è Tommaso e gli ha appena detto che dopo il prossimo gol andrà a casa. Che i suoi genitori gli faranno il culo perché è in ritardo come sempre, ma che non gliene frega un cazzo. Solo che ha freddo, e poi si è rotto le palle di giocare a pallone.
Dal ponte arriva il ruggito della moto di Eugenio.
“Apri a manetta”, dice Enrico seduto a bordo campo.
“Muori, coglione!”, grida accanto a lui Leonardo, visto che la paura gli ha fatto cascare la canna che stava girando.
17:04 e 9 secondi
Eugenio raggiunge il semaforo davanti al bus. Solo adesso riesce a vedere il camion che sta avanzando veloce per evitare il rosso dal lato opposto. L’istinto lo porta ad accelerare e, per sua fortuna, la brusca frenata del camion gli permette di evitare l’impatto di un soffio.
Tra strombazzate e insulti Eugenio capisce di essere terrorizzato. La paura però è arrivata in ritardo, si è presentata quando ormai è finito tutto.
“Mi è andata bene”, si dice compiaciuto, “potevo morire e non me ne sarei nemmeno accorto”.
A metà del ponte che sta percorrendo vede un campanile illuminato di verde e di blu, poco più avanti un grosso cappello di Babbo Natale composto da luci rosse e bianche dondola vistosamente mosso dal vento. Eugenio controlla lo specchietto destro, il bus è appena ripartito.
“Andate a ingozzarvi di panettone, stronzi! Speravate di vedere il morto di Natale? Invece sono vivo e vegeto”.
Quando riporta lo sguardo davanti a sé viene abbagliato dai fari di una macchina sulla carreggiata opposta. Senza accorgersene scontra con la gomma anteriore il marciapiede alla sua destra e perde il controllo della moto. In un baleno viene catapultato nel vuoto: purtroppo in quel punto non ci sono né protezioni né guardrail. C’è solo una ringhiera e un cavo metallico che fa da tirante alla luminaria di Natale. Dopo lo strapiombo.
17:04 e 54 secondi
Mattia recupera il pallone dalla porta, non sa che una ventina di metri sopra la sua testa un uomo sta volando. Tommaso invece lo sta vedendo senza credere ai suoi occhi. Il cavo metallico lo ha appena diviso in due. La testa, appesantita dal casco, è diventata un proiettile e precipita verso il campetto, il resto del corpo è andato a sbattere contro i piloni di cemento del ponte ed è sparito dietro le case.
17:05 e 13 secondi
Leonardo sta raccogliendo quel che resta dello spinello. Rumori provenienti dall’alto lo mettono in agitazione. Prima che possa alzare lo sguardo viene colpito in faccia da uno spruzzo improvviso: è una sostanza viscida e calda. È il risultato dell’esplosione della testa di Eugenio dopo che il casco integrale in cui era racchiusa ha raggiunto il terreno del campetto.
17:05 e 26 secondi
Enrico sente un colpo allo sterno. Si guarda il petto e vede qualcosa di nero conficcato nella carne. È un pezzo del casco di Eugenio che si è trasformato in una lama dopo che ha sbattuto a terra. Le mani, con cui cerca di toglierlo, gli si riempiono di sangue.
Mattia vede prima Enrico cadere, poi Tommaso che correndo inciampa su di lui. A pochi passi da loro Leonardo sta vomitando inginocchiato a terra.
Sopra il campetto, a non più di quindici metri di altezza, la moto di Eugenio ondeggia impigliata al cavo metallico che poco fa lo ha ghigliottinato. Il contraccolpo la fa salire e scendere tre volte, poi il peso la libera.
17:06 e 2 secondi
Il cappello di Babbo Natale è ancora acceso, mentre colpisce il parabrezza del bus. Un’esplosione di vetri e luci avvolge il conducente, l’autopsia parlerà di ustioni da corrente elettrica. Anche i due passeggeri seduti alle sue spalle muoiono all’istante folgorati – i loro corpi carbonizzati verranno estratti dalle lamiere contorte del bus precipitato sul tetto della canonica. Non si può dire con certezza, ma è probabile che non si siano resi conto di nulla.
È andata decisamente peggio ai restanti dodici passeggeri: hanno avuto il tempo di capire che quello sarebbe stato il loro ultimo Natale, prima di venire stritolati tra sedili e lamiere.
25 dicembre, Natale, ore 17:07 e 32 secondi
Mattia rimane inebetito a guardare lo spettacolo davanti a sé. Una moto rossa, bianca e blu – piovuta dal cielo – nasconde parte del cadavere di Enrico. Sangue e viscere le fanno da cornice. La gamba destra di Leonardo – o almeno, Mattia pensa che sia di Leonardo – è posizionata davanti a quel che rimane della testa di Eugenio. Non ha idea di dove sia il resto del corpo del suo amico, né cosa ne sia stato di Tommaso.