Quel bene comune chiamato strada

A Luca e Giovanni, i miei Samuele e Filippo

Filippo

Ciao a tutti, mi chiamo Filippo, ho 13 anni e mi sto rompendo le palle proprio come tutti voi. Come faccio a sapere che vi state rompendo le palle anche voi? Facile. Da qualche settimana a questa parte il mondo intero è chiuso in casa per colpa del virus cinese, quindi dubito che ve la stiate passando meglio di me.

A scanso di equivoci metto subito in chiaro che so che non è corretto parlare di virus cinese, ma il nome che usano tutti mi innervosisce, per cui preferisco chiamarlo così. Non prendetemi per razzista, però.

In generale i cinesi mi sono simpatici. Senza di loro, per esempio, chi potrebbe mangiare cibo giapponese spendendo solo dieci euro? Io adoro il cibo giapponese e difficilmente ho più di dieci euro nel portafogli, quindi…

Ora, non vorrei apparire come uno di quei tipi che si lamentano e basta, ma vi devo dire che per me questi giorni sono stati particolarmente difficili. Perché ho questa strana malattia, si chiama morbo di Addison, che mi rende la vita più complicata di quanto lo sia già. Ma non è della mia malattia che vi voglio parlare, ci mancherebbe! Però, se siete curiosi di saperne di più, cercate su Wikipedia, lì trovate tutto quello che c’è da sapere, spiegato molto meglio di come ve lo avrei spiegato io, tra l’altro.

Di per sé, nella sfiga, mi è andata bene. O almeno questo è quello che mi ha detto una dottoressa dopo che mi hanno diagnosticato il morbo. Però quella dottoressa, anche se è un luminare e tutto il resto, non ha nessuna malattia, per cui è facile per lei sparare cazzate sulle sfighe degli altri.

Comunque ha ragione, ci sono tante malattie in giro e la mia non è certo tra le peggiori. Alla fine me la cavo con tre pastiglie da prendere ogni giorno e una serie di esami e controlli da ripetere un paio di volte all’anno. Niente di esagerato, no?

Mi hanno assicurato che vivrò ancora a lungo (salvo ulteriori sfighe, ovviamente, ma è così per tutti) e che la mia vita sarà più o meno uguale a quella degli altri. Purché non mi dimentichi di prendere le pastiglie, certo.

Tempo fa ho sentito un dottore parlare alla televisione delle varie malattie autoimmuni. Diceva che il problema più grande del morbo di Addison è che siamo in pochi ad averlo. Se fossimo in tanti, come nel caso del diabete per esempio, le grandi multinazionali investirebbero di più nella ricerca. È solo una questione di soldi, in pratica. Come sempre.

Detto tra noi, non so cosa potrebbero fare le grandi multinazionali, ma preferisco senza ombra di dubbio il morbo di Addison al diabete. Un ragazzo di seconda lo ha e si fa un sacco di buchi ogni volta che mangia. Sulle dita, in pancia… una vera rottura di palle.

Quindi ok, nella sfiga sono stato fortunato. Però posso dirlo io, o me lo può dire quel ragazzo di seconda. Non certo chi non ha nessuna malattia e parla solo perché ha la lingua in bocca.

Insomma, ho accettato la cosa e me ne sono fatto una ragione. Avevo anche smesso di preoccuparmi, finché un maledetto pipistrello cinese (senza offesa per i cinesi) ha dato inizio a tutto questo casino.

Va be’, non volevo parlarvi della mia malattia e invece l’ho fatto. Pazienza.

Il problema è che se voi uscendo di casa rischiate di lasciarci le penne, io rischio qualcosa di più. O, almeno, questo è quello che ha stabilito il colonnello dopo aver ascoltato decine e decine di pareri di eminenti frequentatori di talk show televisivi. E indovinate un po’ come ha risolto la questione? Semplice, mi ha vietato ogni contatto fisico con qualsivoglia forma di vita (piante escluse) che non faccia parte del nostro nucleo familiare.

Scusate, mi ero dimenticato di dirvi che “il colonnello” è mia madre. La chiamo affettuosamente così perché è lei che comanda in casa nostra. Non è che mio padre (che, sempre affettuosamente, chiamo “il subalterno”) non abbia voce in capitolo, anzi! Ma senza la bolla papale di mia madre (del colonnello, appunto) la mia famiglia non va da nessuna parte.

Così, siccome il rischio di contagio è impossibile da controllare, per evitare che qualcuno di noi possa inavvertitamente finire sotto il tiro di uno starnuto infetto (e portare in casa il nemico), nessun componente della mia famiglia può avventurarsi fuori di casa senza indossare due mascherine, oltre ai guanti di lattice, ovviamente.

Francamente del contatto fisico con la gente non me ne frega niente. Non mi manca proprio, sto meglio senza. Sono un tipo schivo, saluto per educazione, ma evito volentieri di dilungarmi in discorsi che vadano oltre al buongiorno e buonasera. In più non mi è mai piaciuto andare al supermercato, o in giro per negozi.

Secondo il colonnello, però, anche i miei amici rientrano nella categoria dei potenziali untori, e questo sì che è davvero un bel guaio!

Vi ricordate le fotografie che circolavano nel primissimo periodo del contagio? Quelle con quella valanga di idioti al mare o in coda per salire sulle seggiovie? Quelle per cui i cinesi ci avevano preso per scemi, per capirci. In quei giorni qui da noi nessuno si preoccupava davvero. Nessuno a parte il colonnello e il suo subalterno, ovviamente.

I miei amici uscivano regolarmente anche se la scuola era chiusa. Secondo voi l’unico tappato in casa chi era? Esatto. Io.

Ora non venitemi a dire che nella sfiga sono stato fortunato, perché non è il caso.

Tra l’altro mi ero pure fidanzato con Giulia, una mia compagna di classe. Dico “mi ero” perché non lo so mica se siamo ancora fidanzati!

Parliamoci chiaro, lo sappiamo tutti come vanno a finire queste cose, d’accordo che abbiamo WhatsApp, ma quanto volete che duri una storia così?

A parte questo, comunque, io a casa ci sto bene. Cioè, la quarantena non è così male, tutto sommato. La mattina mi alzo un’ora dopo rispetto a quando andavo a scuola. Tra una videolezione e l’altra mando messaggi agli amici e preparo la tesina che quasi sicuramente prenderà il posto dell’esame. Dopo mangio, e siccome il colonnello è a casa dal lavoro, ha più tempo per prepararmi ottimi manicaretti. Nel pomeriggio faccio velocemente i compiti così poi, fino all’ora di cena, posso giocare online a Minecraft o a Roblox. E per chiudere in bellezza, la sera monto i filmati per il mio canale YouTube (sono ancora alle prime armi, ma ho già undici follower. Non male, vero?).

In pratica mi alzo tardi, gioco tutto il giorno e rimango sveglio fino a notte fonda. E anche se il colonnello e il suo subalterno si lamentano perché la mattina fatico a svegliarmi, alla fine mi lasciano fare quello che voglio.

Credo che si sentano in colpa per aver azzerato la mia vita sociale. Un po’ mi dispiace, ma ne approfitto ugualmente volentieri. Soprattutto dopo che è iniziata questa moda di dire che sto diventando verde perché non prendo mai aria e perché sono sempre attaccato o al computer o al cellulare.

All’inizio la trovavo divertente, poi però il colonnello si è inventata la regola che devo portare io la spazzatura, e da lì mi è passata la voglia di ridere.

La scusa è che almeno così metto il naso fuori di casa (anche se rigorosamente con le due mascherine e i guanti di lattice addosso, ovvio).

Qui a Megliasco (si chiama così il paese dove vivo) raccolgono l’umido due giorni alla settimana e il secco uno, ma per farmi uscire di più il colonnello ha esteso la regola alla plastica, al vetro e alla carta. Per queste cose non ci sono orari fissi, quindi non si rischia nessuna multa.

Insomma che mi tocca portare la spazzatura anche tre volte al giorno, e in orari assurdi, tra l’altro. Questo perché il colonnello, prima di farmi uscire di casa, controlla sempre dal poggiolo che la strada fino ai bidoni sia completamente libera. E siccome abbiamo dei vicini che se ne sbattono delle ordinanze (infatti sono sempre fuori e senza mascherina), alla fine sono obbligato a scendere quando il vicinato intero o mangia o dorme. Oppure quando a nessun cane scappa da cagare (e fidatevi che di questi tempi ai cani scappa spesso da cagare, anche sei volte al giorno).

Fosse per me io ci manderei il nano, mio fratello Samuele, intendo dire. Lui ci andrebbe volentieri, ma con il colonnello non si scherza, ve l’ho detto. Quando decide una cosa o la si fa o la si fa. Punto. E siccome la cosa in questione, anche se ufficialmente risulta essere farina del sacco del subalterno, l’ha decisa lei, a me non resta che ubbidire senza fiatare.

Ora, non pensate male, il colonnello è una brava madre: gentile, premurosa e tutto il resto (anche troppo premurosa, a dirla tutta). Però da che è saltata fuori questa malattia del cavolo è diventata apprensiva e non mi lascia più vivere.

Il fatto è che siamo in quattro, tutti chiusi in casa… capirete bene che di spazio ne abbiamo poco.

Il nano, quando non suona il piano, o disegna, o legge Harry Potter (ha già quasi finito l’intera saga), o fa ginnastica seguendo i video che gli manda la sua insegnante di nuoto.

Il subalterno, anche se non so cosa faccia, sta tutto il giorno davanti al portatile. Dice che lavora in smart working, ma secondo me è sempre attaccato ai social. Ogni volta che pubblico qualcosa su Instagram non faccio in tempo a contare fino a tre che già mi ha messo un like.

È un dispensatore seriale di “mi piace”, ve lo dico io. Condivide praticamente tutto. Non ho Facebook perché è una roba da vecchi, ma se lo avessi gli chiederei subito l’amicizia. Sono certo che mi darebbe un sacco di soddisfazioni.

Infine c’è il colonnello, e lei, chiusa in casa, è davvero insofferente.

Del resto c’è da capirla, poverina, è l’unica donna in mezzo a tre maschi!

Non lo dice mai, ma è evidente che le manca il lavoro. È una parrucchiera, anche molto brava, tra l’altro. Per tenersi in allenamento taglia i capelli a me e al nano tutte le settimane, ed è riuscita persino a tagliarli al subalterno, che da che io mi ricordi è sempre stato pelato.

Ultimamente le è venuta la mania del camminare, non fa praticamente altro. Passa le giornate gironzolando per casa, si è messa in testa questa cosa che deve fare almeno diecimila passi al giorno. Dice che fa bene alla salute, lo ha letto da qualche parte, probabilmente in una delle riviste delle sue clienti!

Cammina con il cellulare in mano, sostiene che se lo tenesse in tasca non le conterebbe tutti i passi. In realtà è una scusa, o gioca a Freecell o scorre la sua pagina Facebook, solo che le scoccia che il subalterno le dica che è sempre attaccata al cellulare.

Per avere più spazio a disposizione va anche sul poggiolo: lascia aperte le due portafinestre, quella della camera da letto e quella della sala, e fa avanti e indietro passando per la cucina.

A volte, invece, si accende la televisione e guarda la Fletcher, mentre gira intorno al tavolo. Secondo me a furia di girare prima o poi finisce a terra, ma non le dico niente perché quando guarda “La signora in giallo” è meglio non disturbarla.

Di per sé non mi dà fastidio il fatto che giri per casa, tanto sono sempre chiuso in camera mia. Insomma, “camera mia”, la camera è anche del nano, ma nel più dei casi riesco a sbatterlo fuori. Quello che non sopporto, però, sono le portafinestre aperte. Intanto perché entrano i mosconi, e la notte, mentre dormo, se li sento ronzare mi prende un colpo! E poi perché i bambini che abitano nei palazzi del caseggiato hanno trasformato la strada sotto casa mia in un parco giochi. Questa cosa, tra l’altro, fa ballare l’occhio al colonnello.

Davvero, non sto esagerando. Mi chiedo come il subalterno possa lavorare. Gridano talmente forte che non riesco nemmeno a sentire i professori quando mi interrogano!

Sono tutti piccoli: nani da giardino, per intenderci. E come tutti i nani da giardino hanno la loro “Biancaneve” che li comanda a bacchetta.

È una bambina che viene da fuori, il colonnello dice che è dai nonni perché i suoi genitori sono due dottori, o qualcosa del genere.

Non lo so e non mi interessa. So solo che si chiama Bianca, e lo so perché i nani da giardino la chiamano in continuazione.

Bianca di qua e Bianca di là. È insopportabile!

Saranno una decina e giocano tutti insieme, urlando come degli indemoniati. Con i genitori che, invece di controllarli, chiacchierano tra loro indifferenti.

Assurdo! Tutta quella gente in strada, senza mascherina e a meno di un metro di distanza.

Capisco che possano fregarsene delle multe, tanto qui a Megliasco sono tutti ricchi, ma non hanno paura di morire?

Una volta, erano ancora i primi giorni della clausura forzata, i carabinieri sono venuti nella nostra strada. È una strada privata, non passa mai nessuno di qui, per cui la cosa ha colto tutti di sorpresa.

Avreste dovuto vedere! In un baleno sono comparse dal niente tutte le mascherine che non avevo mai visto, e quattro o cinque nani da giardino sono spariti.

Giuro, si sono letteralmente volatilizzati.

Quando poi i carabinieri sono andati via la strada è tornata esattamente come prima.

Questa cosa ha fatto uscire di testa il subalterno, tanto che ha riempito la sua pagina Facebook di messaggi subliminali (ma a quanto pare inutili) sull’accaduto.

Comunque io ho un paio di piani in testa, ho coinvolto anche Samuele, che sarà sì un nano rompipalle, ma quando c’è da arrotolarsi le maniche non si tira mai indietro. Vedrete che entro la fine della quarantena (sperando che prima o poi finisca davvero) riusciremo a far tornare questa strada una strada normale.

Va be’, ora mi fermo perché il colonnello mi ha richiamato all’ordine. Devo andare a portare ben due bottiglie nel bidone della plastica. E già che sono fuori devo recuperare Samuele che, visto che i i nani da giardino stanno facendo il pisolino del dopopranzo, è sceso a sgranchirsi le gambe con la bicicletta (e con le due mascherine e i guanti in lattice, ovviamente).

Bianca

Ciao, mi chiamo Bianca, ho dieci anni e sono in quinta elementare. O meglio, dovrei essere in quinta elementare, visto che le scuole sono chiuse.

Da che il coronavirus è entrato a far parte della nostra vita io e mia sorella Alice, che ha quattro anni meno di me, ci siamo trasferite a Megliasco dai nonni. In realtà noi siamo di Corbana, che è sempre sul mare e si trova a soli due chilometri da qui. Casa nostra, però, non ha nemmeno un balcone, mentre qui la strada è privata, per cui io e Alice possiamo giocare all’aria aperta senza che nessuno dica niente. In più, a Corbana c’è un ricovero per anziani e, anche se i telegiornali non ne parlano mai, ci sono stati parecchi contagi. Insomma, abitare a Megliasco è di gran lunga meno pericoloso.

La mamma dice che da noi sono morte dodici persone. È morta anche la nonna di Elisa, una mia compagna di classe. Mi dispiace tanto per lei, però quando facciamo videolezione non ne parla mai, così non gliel’ho ancora detto. Forse si vergogna, non lo so.

Poveretta, non è mica colpa sua se sua nonna è morta! La mamma dice che non è colpa di nessuno, che certe cose succedono e basta.

Non so cosa pensare: a volte ho paura, a volte no. Non vorrei che succedesse qualcosa ai nonni, perché loro sono vecchi, e alla televisione dicono che i vecchi sono quelli che rischiano di più.

Comunque per il momento stanno bene, non vi preoccupate. Li controllo tutte le mattine, anche se brontolano. Almeno stiamo tranquilli, che coi tempi che corrono non si sa mai!

Per prima cosa, quando mi sveglio, gli chiedo come si sentono (siccome mi rispondono sempre “bene”, però, non so se fidarmi). Dopo li obbligo a fare ginnastica con me e Alice, guardiamo un video che mi ha mandato il papà, si chiama “la ginnastica dei nonni e dei nipoti”. Dura solo tre minuti, non è lungo, ma il nonno imbroglia ogni volta. Gli scappa sempre la cacca quando è il momento di sudare e corre in bagno. La nonna invece si impegna moltissimo, lei è brava. Solo che ultimamente è ingrassata e, quando si piega, rischia di strappare i pantaloni (come le dice ridendo il nonno).

Finita la ginnastica, ossia quando il nonno esce dal bagno, gli chiedo un’altra volta come stanno. Se gli gira la testa, o cose così. Anche qui, non so se mi prendano in giro, ma mi dicono sempre che stanno bene. Allora, per evitare che facciano i furbetti, gli misuro la temperatura col termometro al mercurio della nonna. E vi assicuro che farglielo tenere cinque minuti sotto l’ascella non è facile per niente. Sono peggio dei bambini! Soprattutto il nonno che, tra l’altro, è quello che rischia di più, visto che va spesso fuori con il motorino. Esce ogni mattina, va a fare la spesa. La nonna lo sgrida tutte le volte che torna, perché si dimentica sempre qualcosa. Gli dice che, invece di concentrarsi su quello che deve comprare, perde tempo a guardare le commesse. Lui mi strizza l’occhio e le risponde che le guarda eccome, che anche con la mascherina sono più belle di lei.

Sono sempre a battibeccare quei due, ma non litigano veramente. Funziona così in questa casa, urlano per qualsiasi cosa, lo dice anche papà. Una volta mi ha raccontato che urlavano anche quando era un bambino come me e dormiva nello stesso letto in cui sto dormendo in questi giorni.

Il nonno, comunque, scherza. Si diverte a prendere in giro la nonna, ma è tanto bravo. Ogni mattina va dal fornaio e compra tre cornetti: uno alla marmellata per lei, uno per me alla crema e uno al cioccolato per Alice. Non ne prende mai per sé, fa colazione bevendo solo un caffè amaro. Ha questa fissazione che lo zucchero fa male, lo ha sentito dire in un documentario e da allora non mangia quasi mai i dolci.

Questa cosa non mi piace per niente. Quando io e la nonna prepariamo le torte, per farle mangiare anche al nonno, dobbiamo metterci poco zucchero e vengono male. La nonna dice che devo avere pazienza, che il nonno è vecchio e che con i vecchi c’è poco da discutere. Lo stesso vale per lei, dice. Perché ormai sono due testoni, ed è impossibile fargli cambiare idea.

Io di pazienza ne ho anche troppa, specie con loro. Però la torta senza zucchero non mi piace, così insisto e alla fine la nonna ne aggiunge un po’ all’impasto. E intanto grida al nonno che deve smettere di ascoltare le stupidaggini che dicono in televisione.

Sono buffi, ve l’assicuro. La mamma dice che sembrano Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Non so chi siano questi due tizi, ma ho imparato i loro nomi a memoria a furia di sentirli ripetere.

Comunque io, questa cosa dello zucchero, la uso a mio favore. Qualche giorno fa la maestra ci ha spiegato che chi ha il coronavirus non sente bene i sapori, allora per vedere se il nonno sta bene veramente gli metto di nascosto lo zucchero nel caffè. Siccome si lamenta sempre (e dà la colpa alla nonna, ovviamente) significa che è sano come un pesce.

Sono furba, vero? Io dico di sì.

Va bene, ora che ci siamo conosciuti meglio vi starete sicuramente chiedendo come mai io e Alice siamo a casa dei nonni e non con i genitori (a parte il fatto che a casa nostra non ci sono balconi, chiaro, ma questa come motivazione non è certo sufficiente a tenere mamma e papà lontani da noi). Ve lo spiego subito: mia mamma è un’infermiera, lavora nell’ospedale di Mongigliano (esatto, avete capito bene, proprio quello di cui parlano tutti i telegiornali), e mio papà fa il cassiere al supermercato di Corbana. In pratica sono entrambi in prima linea, quindi hanno preferito lasciarci dai nonni.

Quando siamo venute qui eravamo contente, non avevamo capito che saremmo rimaste così tanto tempo. Ora Alice non fa altro che piangere, e nemmeno io me la passo benissimo.

Sapete da quanti giorni non do un bacio alla mia mamma?

Ventitré.

Sono tanti, credetemi.

La nonna dice che devo essere forte e che devo essere fiera dei miei genitori, perché sono due eroi. Sinceramente, sono orgogliosa di loro, però vorrei vederli di più. Sul serio, intendo dire. Non sul tablet della nonna.

La verità è che preferirei che non fossero due eroi e che stessero con me e Alice, proprio come fanno tutti gli altri genitori. Non fraintendetemi, però, non sono egoista. Sono solo un po’ triste, ma non ditelo ai nonni. E nemmeno a mamma e papà, mi raccomando!

Quando sono giù di morale prendo il tablet della nonna e mando una foto al papà. Cerco sempre di sorridere, così non si preoccupa. Lui me ne manda una dove fa una faccia buffa (anche se con la mascherina), e tutto passa.

Vorrei fare lo stesso con la mamma, ma lei non ha tempo per rispondermi. Mi devo accontentare della videochiamata quando torna dall’ospedale.

Ogni tanto papà mi scrive le cose buffe che succedono al supermercato. Una volta mi ha raccontato di aver visto due vecchie che si azzuffavano in coda all’ingresso. Tutte e due dicevano di essere arrivate prima: le hanno dovute dividere. Da morire dal ridere!

Un’altra volta mi ha scritto di quando ha beccato uno di quegli stupidi che riempiono di guanti usati il posteggio del supermercato. Mi ha detto che sembrava i nonni da quanto gli ha urlato dietro! Vedrete che non si azzarderà più a sporcare, quel maleducato!

Papà è divertente, ve l’assicuro. E lo è anche la mamma, anche se non mi scrive mai.

Mi mancano tanto, ma sono forte, state tranquilli. Non sono una frignona come Alice. Lei, però, è piccola, per cui i nonni la giustificano sempre.

Che poi è in seconda elementare (è di gennaio, è andata a scuola un anno prima). Insomma, non è così piccola, tutto sommato. Io alla sua età non piangevo già più.

Sapete che fa molte più videolezioni di me? I suoi maestri sono tecnologici, dice la nonna. I miei sono fermi all’età della pietra, infatti facciamo mezzora al giorno, e nemmeno tutti i giorni…

Anche i miei compagni mi mancano molto… cavolo se mi mancano!

Qui dai nonni sto bene, non mi lamento, per carità! Ci sono tanti bambini con cui giocare, e col fatto che non ho quasi mai lezione sono sempre fuori. Però comincio a essere stanca. A volte giochiamo a palla, a volte andiamo in bicicletta, a volte giochiamo a nascondino. Facciamo sempre le stesse cose, in pratica.

Ieri mi è venuta questa idea di costruire un castello, così per cambiare un po’. Abbiamo portato in strada tutti gli ombrelli che abbiamo trovato nei nostri palazzi, saranno stati almeno trenta. Li abbiamo aperti e li abbiamo disposti sul piazzale, uno accanto all’altro, formando un grande ombrello fatto di ombrelli. Il mio castello, lo avete capito. Poi siamo andati tutti sotto (dentro il castello, quindi), e io ho finto di essere la regina. Comandavo, e i bambini facevano quello che dicevo. Portatemi una caramella, e arrivava una caramella. Portatemi dell’acqua, e mi portavano una bottiglia d’acqua. È stato divertente, non quanto pensassi, ma divertente.

Il problema è che sono la più grande del caseggiato e, anche se all’inizio mi faceva piacere, adesso sono stufa di giocare con dei bambini che sono più piccoli persino di Alice.

In realtà ci sarebbero anche due bambini grandi, sono due fratelli che abitano nell’ultimo palazzo della strada. Uno ha la mia età, si chiama Samuele. Lo sento sempre suonare il pianoforte e a volte lo vedo sfrecciare in bicicletta, ma solo quando la strada è vuota. L’altro si chiama Filippo, è in terza media, me lo ha detto la nonna. Mi ha detto anche che ha una strana malattia, una di quelle che non si vedono, ma che sono pericolose.

Insomma che è per questa malattia che lui e suo fratello non scendono mai a giocare con noi. Perché i genitori hanno paura che vengano contagiati.

Ho chiesto alla mamma e lei mi ha spiegato che se questo Filippo si dovesse ammalare potrebbe essere davvero un guaio per lui. È come se fosse un vecchio, in pratica. Poveretto!

Secondo me i suoi genitori hanno paura perché sanno che i miei sono in prima linea, e quindi potrebbero portare attraverso di noi il virus in strada. Il nonno invece dice che sono solo due rompiballe. Forse ha ragione lui, anche perché la settimana scorsa ho disegnato coi gessetti nel loro posteggio, e si sono lamentati con la nonna. Tra l’altro, io i miei genitori non li vedo da quasi un mese, quindi di che cosa stiamo parlando? Perché dovrebbero avere paura della mia famiglia?

Tempo fa (io e Alice eravamo a Megliasco solo da pochi giorni) ero con la nonna sul balcone, e abbiamo visto Samuele con sua madre che camminavano su e giù per la strada. Non facevano niente di divertente, in poche parole. Allora la nonna ha chiesto alla mamma di Samuele se io e Alice potevamo scendere a giocare con lui, ma lei ha risposto che preferiva di no.

Ci sono rimasta male. Per questo poi la nonna mi ha spiegato quella cosa della malattia di Filippo.

A me però di giocare con Filippo non importa niente: è troppo grande, e non è divertente giocare con i bambini troppo grandi. E a questo punto non mi importa nemmeno di giocare con Samuele. Anche perché sembra proprio antipatico!

Quando lo vedo lo saluto sempre, e lui fa sempre finta di non vedermi. Io comunque continuo a salutarlo, primo perché sono una bambina educata, secondo perché, come dice il papà, salutandolo lo metto in imbarazzo, ed è divertente vedere cosa si inventa per ignorarmi. L’altro ieri è persino caduto! Ero sul balcone, lui stava facendo un giro in bicicletta. Andava veloce, e io l’ho salutato. Per evitare di rispondermi, ha curvato di scatto dalla parte opposta. La bici gli è scappata e ha fatto un bel volo!

Mi sono quasi fatta la pipì addosso da quanto ho riso! Allora il nonno è corso fuori per vedere che cosa fosse successo, e quando ha visto Samuele in terra gli ha chiesto se si fosse fatto male. Lui si è rialzato e ha risposto di no, e quella è stata l’unica volta in cui ho sentito la sua voce.

Quindi, secondo voi, cosa me ne faccio di giocare con un bambino del genere? Anche se ogni tanto mi piacerebbe fare qualcosa con qualcuno della mia età.

Sapete com’è passare un’intera giornata con dei bambini che hanno ancora le rotelle montate sulle biciclette? Ve lo dico io, com’è! È una noia mortale. Ed è così tutti i giorni.

Speriamo che questo diavolo di un coronavirus se ne vada presto, perché ho voglia di tornare a casa mia. Lì non ci sarà una strada tranquilla dove giocare, d’accordo. E non ci sono nemmeno i nonni e tutti questi bambini che fanno tutto quello che dico. Ma ci sono le mie cose, e poi ci sono la mamma e il papà.

Il piano delle vecchie

Ragazzi, oggi sono intrattabile, vi avverto. Fate attenzione a come vi comportate, perché mi sono svegliato con la luna di traverso e non rispondo delle mie azioni. Chiunque mi capiti sotto tiro lo fulmino, per cui datemi il tempo di calmarmi o tanto peggio per voi.

Sono stato ripreso già due volte stamattina, il subalterno dice che sento il tempo. Ha appena smesso di piovere, e non è vero che (sempre come dice lui) non me ne sono nemmeno accorto, perché “metto il naso fuori dalla mia camera solo per occupare il bagno”. La pioggia mi ha tenuto sveglio tutta la notte, altro che chiacchiere.

A parte il fatto che non sono io ad aver “trasformato il bagno nel mio ufficio privato”, se mai è il nano che si porta sempre dentro al cesso il tablet e non ne esce finché non ha ottenuto qualche gemma su Brawl Stars (e siccome è scarso non vi dico quanto ci mette). E poi comunque non sono meteoropatico, ho solo bisogno di essere lasciato in pace.

Scusatemi se la mattina non ho voglia di cantare le canzoni che passano su Radiofreccia! Non è colpa mia se le mie orecchie si rifiutano di ascoltare i canali musicali che mi propina il subalterno. Non ero ancora nato nella preistoria, io. Mi sarà concesso di avere dei gusti più affini ai miei tempi?

E poi che ci posso fare se alcune persone, quando si alzano, non stanno zitte un secondo (come quell’iperattivo di mio fratello), mentre altre (quelle normali come me) non vogliono sentire una mosca volare almeno fino alla fine della colazione?

Anche il colonnello, mentre mangia il suo muesli, non vuole essere disturbata, e a lei non rompe le scatole nessuno, chissà come mai! Lasciamo perdere che è meglio.

Avete ragione, sono stanco, ho dormito poco. Ieri sono andato a letto solo dopo aver pubblicato il mio ultimo video, non so che ore fossero, ma era tardi, perché da almeno un’ora il subalterno aveva iniziato a suonare il suo trombone. Come minimo era l’una, quindi.

Fa un casino, dovreste sentirlo! Poi si lamenta che sono insopportabile la mattina: lo sentono fino all’ultimo piano da quanto russa forte. È impossibile dormire così, infatti il colonnello si mette i tappi nelle orecchie.

Appena si può uscire di nuovo, giuro, vado in farmacia e gli compro una scatola di quei cerotti da mettere sul naso e gliela faccio trovare sul comodino.

Pensate che lo si sente anche in uno dei miei video: ci sono io che parlo di una nuova mod di Minecraft, e sotto il suo bel concerto… è imbarazzante!

A proposito dei miei video, mi chiedo cosa li faccio a fare se alla fine li guarda solo il nano. E per mettere “non mi piace”, tra l’altro.

Magari, quando avete un attimo di tempo, andate a vederne uno e ditemi cosa ne pensate. A me sembrano fatti bene… fatemi sapere, ci conto.

Comunque, la verità è che sono nervoso perché quella di francese mi ha interrogato e mi ha dato solo sette. A me sette va più che bene, mi ci lecco i baffi, anzi. Ma il colonnello dice che mi ha abbassato la media e ora non mi lascia respirare.

Anche lei, però… non è mai contenta. Poi dice di me!

Qualcuno mi può spiegare a cosa serve il francese? Capirei se mi obbligassero a studiare il cinese, o il giapponese, o il russo al limite. Passi per l’inglese, quello lo usano tutti, e poi mi serve per YouTube. Ma il francese… è una lingua insensata.

Ha un bel dire il subalterno che la Francia è bella, e che tra qualche anno sarò contento di sapere il francese… per le francesi, dice lui, che sono belle.

Saranno anche belle, ma parlano una lingua di…

Mi devo calmare, avete ragione. Ma proprio non ci riesco oggi.

Tra mezzora ho un altro test: di ginnastica, ci credete?

Non ce la posso fare, così. I professori mi stanno rovinando la vita! Va bene che si avvicina la fine dell’anno, ma quelli sono sadici, ve lo dico io.

Come si fa a fare un test di ginnastica?

Boh, lo scoprirò tra poco. Ho anche scritto un messaggio a Giulia, così per sapere cosa ne pensa lei, ma non mi ha ancora risposto.

Sono due giorni che non si degna di guardare quello che le mando! Non capisco perché, ho provato a chiederle cos’ha, ma non legge quello che le scrivo, quindi…

Le donne, valle a capire.

Nel gruppo della scuola però scrive eccome! E lo fa in continuazione.

È meglio se cambiamo discorso… anzi, scusatemi un attimo, vado a chiudere la finestra, perché è uscito un raggio di sole, e di sentire Biancaneve e i cento nani urlanti oggi non ne ho proprio voglia.

Niente da fare, nemmeno con la finestra chiusa si riesce a stare tranquilli in questa casa! Poi, tanto, c’è Samuele che suona il piano.

Sì, va be’, suona il piano. Magari lo suonasse! Continua a fare sempre lo stesso pezzo che non gli viene. Mi fa uscire di testa!

A proposito di Samuele, sapete cosa gli è successo ieri?

È sceso per la sua ora d’aria e si è trovato la bicicletta bloccata da venti palloni, cento monopattini e tremila biciclette con le rotelle!

Ho un po’ esagerato con i numeri, è vero, ma ci siamo capiti.

Dico io, abbiamo uno spazio condominiale per le biciclette, c’è posto per tutti. Mettere ogni giocattolo possibile e immaginabile davanti alla sua bicicletta è stata una dichiarazione di guerra bella e buona.

E poi sapete quei porcelli cosa hanno fatto ancora?

Hanno lasciato in terra un quintale di carte di caramella e di fazzoletti di carta usati. Passi per le carte di caramella, ma i fazzoletti sporchi sono delle vere e proprie bombe batteriologiche. Il loro è stato un dispetto, ecco cosa, lo ha detto anche il colonnello.

Non so lei come abbia intenzione di reagire, ma io ho già preso le mie contromisure.

Appena Samuele la finisce di massacrarmi i timpani con questa serie di suoni disarticolati, mettiamo in atto il “piano delle vecchie”.

Le “vecchie” saremmo noi, io e Samuele, anche se il termine è al femminile.

Se volete sapere perché, dovete chiederlo al nano, non a me. Per arruolarlo gli ho lasciato decidere il nome, e lui ha scelto questo. Qualcosa gli dovevo pur concedere, no?

Il piano però è tutta farina del mio sacco.

Detto chiaro, non mi interessa quale volo pindarico abbia intrapreso il suo unico neurone funzionante, ho smesso di cercare una logica in quello che fa (o che dice) il nano già da prima che nascesse. Per cui vada per il “piano delle vecchie” se è così che vuole chiamarlo, purché mi aiuti a metterlo in atto.

Il fatto è che per qualche strano motivo Biancaneve sembra essere incuriosita da mio fratello, e io ho tutta l’intenzione di sfruttare questa sua debolezza.

È sempre lì a sbirciare, gli fa la punta dal poggiolo. Samuele non fa in tempo a scendere in strada che lei è già affacciata per spiarlo.

Non sto esagerando, lo ha notato anche il subalterno. Gliel’ho sentito dire con fierezza al colonnello. Lui è un romanticone e pensa che Biancaneve si sia presa una cottarella per il nano. Può anche darsi, non mi interessa. A me interessa solo che il piano delle vecchie funzioni. E vedrete che funzionerà, perché tutte le volte che il nano mette il naso fuori dal portone, Biancaneve “va in brodo di giuggiole” (come ha detto il subalterno al colonnello). Non ci crederete, ma lo saluta ogni volta, e il bello è che lui non le risponde mai. Perché è timido, mica per altro! Ma questo lo so io, non lei.

Valle a capire le donne, anche quando sono bambine sono strane!

Allora… vi spiego brevemente cosa ho intenzione di fare. Da due o tre giorni il colonnello ha aggiunto un’incombenza alle mie attività obbligatorie: oltre a occuparmi della spazzatura adesso devo pure dare acqua alle piante nel poggiolo. Che palle, però.

Va be’, non è che abbiamo un giardino botanico, devo annaffiare sì e no dieci vasi, quindi non ci vuole un’eternità. In ogni caso, per fare prima, invece di usare l’annaffiatoio, uso direttamente la manichetta dell’acqua. Finora non se n’è lamentato nessuno, perciò, evidentemente, sta bene a tutti. Del resto sotto di noi ci sono solo due garage, il che significa che non rischio di bagnare nessun poggiolo o panno steso. Non come quelli sopra di noi che quando sbattono i tappeti riempiono di capelli la nostra biancheria (tanto che il subalterno, pelato per definizione, in preda alla gelosia ha scritto un migliaio di mail completamente inutili all’amministratore).

Il piano è semplicissimo: userò Samuele per attirare sotto al nostro poggiolo Biancaneve (e quindi anche i suoi cento nani moccicosi). Basta solo che giochiamo sul poggiolo qualche minuto, quanto ci scommettete che in men che non si dica avrò l’intero asilo nido sotto tiro? Dopodiché, inavvertitamente, farò una bella doccia a tutti quanti, annaffiandoli insieme alle piante. Sarò costretto a bagnare anche Samuele, gli ho spiegato che è necessario per rendere credibile la commedia, e lui, pensate un po’, non ha battuto ciglio.

D’accordo, non è veramente necessario bagnare anche il nano, ma non vorrete privarmi di questo innocente divertimento, vero?

Ora vado, che Samuele ha finito di maltrattare quel povero pianoforte, e le nostre piante hanno sete.

Lo so che ha piovuto tutta la notte, ma “le piante di casa nostra sono avide”, me l’ha detto qualche giorno fa il subalterno, per farmele annaffiare, anche se aveva smesso di piovere da poco. Gli era venuto comodo per farmi uscire. Ora, guarda caso, fa comodo a me.

Ci sentiamo presto, magari vi racconto com’è andata.

Statemi bene.

La bicicletta di Samuele

Ho un diavolo per capello. Quei due maleducati che abitano in fondo alla strada mi hanno fatto la doccia facendo finta di dar da bere alle piante.

Villani!

Non posso nemmeno lamentarmi perché la loro mammina rompiballe ha già telefonato alla nonna per scusarsi. Le ha detto che Filippo (povera stella!) non si era accorto che eravamo di sotto, che è stato un incidente e ne è dispiaciutissimo. Che ha bagnato anche suo fratello (che tra l’altro non fa altro che starnutire, adesso). Che possiamo contare sul fatto che non succederà più, che ha promesso che starà più attento e bla bla bla.

Tutte balle!

Quei due mascalzoni lo hanno fatto apposta, ve lo dico io. Hanno aspettato che ci mettessimo a giocare sotto al loro balcone e hanno aperto l’acqua con l’intento di bagnare il maggior numero possibile di bambini. Ecco come sono andate le cose.

Erano così dispiaciuti, infatti, che ridevano a crepapelle.

Sembrava un tiro a segno, altro che incidente! Noi scappavamo e loro ci inseguivano con il getto dell’acqua.

È stata una vera e propria imboscata, hanno attaccato mentre eravamo seduti in terra. C’eravamo messi in cerchio per disegnare con i gessetti.

Sono stati furbi, non li ha visti nessuno, perché gli adulti erano tutti nella piazzola che parlavano, e da lì è impossibile vedere il loro balcone. Sentendo le nostre grida sono corsi da noi, ma ormai era tardi: Filippo aveva già chiuso l’acqua e aveva cominciato a recitare la parte dell’angioletto dispiaciuto. Ci mancava solo la lacrima e vinceva l’Oscar!

Che faccia tosta: scusate di qua, scusate di là. Non vi avevo visti su, ho bagnato anche Samuele giù…

E tutti a credergli… quasi lo consolavano!

Secondo me il loro bersaglio principale era Umberto, il bambino che abita al piano sopra del loro. Sono sicura di aver sentito Samuele che guidava suo fratello per colpirlo. Gli diceva “più a destra”, “più a sinistra”, cose così. Stavo anche per dirlo ai suoi genitori, ma ho avuto paura che non mi credessero.

Insomma, alla fine ho preso con me Alice, e siamo salite a casa.

Quando ho spiegato ai nonni cos’era successo non sono andati su tutte le furie come immaginavo, anzi. Mi hanno detto di lasciar perdere, che siamo finite per caso nel bel mezzo di una tresca tra vicini. Perché Umberto fa un sacco di rumore, e sicuramente Filippo lo ha bagnato per ripicca. Che è stata una ragazzata e che in fondo è solo acqua. Poi è arrivata la telefonata di scuse, e per la nonna la questione era chiusa.

Il nonno, a dire il vero, era abbastanza arrabbiato. Però la nonna gli ha ricordato che anche lui quando annaffia le piante fa sempre un lago, e che è meglio non svegliare il can che dorme, visto che quelli di sotto non si sono ancora lamentati, ma è solo una questione di tempo. Da lì sono andati una in cucina e l’altro davanti al televisore, e non hanno più voluto parlarne.

Allora mi sono fatta dare il cellulare dalla nonna e ho chiamato papà. Gli ho raccontato tutto per filo e per segno. Purtroppo però il supermercato era pieno di gente e non mi ha potuto dar retta.

Quando ha buttato giù ho chiesto alla nonna se potevo chiamare anche la mamma, ma mi ha detto che era meglio di no, che la chiamiamo stasera, quando smette di lavorare.

È tutto così ingiusto!

Sono talmente arrabbiata che nemmeno le foto buffe che mi ha mandato papà su WhatsApp riescono a farmi stare meglio.

Gliel’ho scritto, così lui ha provato a registrare un vocale, ma, siccome è tecnologico come la mia maestra, non si sentiva niente. Allora mi ha mandato un messaggio lunghissimo, solo che era pieno di frasi senza senso, perché ha usato il riconoscitore vocale per fare alla svelta.

Oggi non ne va una dritta, dannazione!

Comunque, con l’aiuto della nonna, ho capito che mi suggeriva un’idea per incastrare quei due furfanti (in realtà c’era scritto “castrare i due elefanti”). Diceva che io e Alice dobbiamo avere pazienza e non scendere al loro livello. Che dobbiamo spiare i loro passi successivi, e che certe volte per vedere i risultati, bisogna saper aspettare il momento propizio. Poi ha detto che “l’impepata di cozze” è una cosa giusta (e qui aiutatemi voi, perché né io, né la nonna, e nemmeno il nonno o Alice, abbiamo capito cosa intendesse dire). E che quando quei due si sentiranno tranquilli, faranno un errore certamente, e allora sarà il momento per farli scoprire alla luce del giorno (in realtà c’era scritto “per fargli scolpire l’alluce di Giorgio”).

Gli ho risposto che faremo come dice lui, e lui mi ha mandato tante faccine con i cuori e i bacini.

Voi cosa ne pensate? Del suo suggerimento, voglio dire.

Non lo so… a me non convince per niente.

Papà avrà anche ragione, ma io voglio una vendetta come si deve.

Ho pensato a questa cosa, ditemi se non è un’idea geniale. Ho intenzione di far vedere a Umberto come si sgonfiano le ruote delle biciclette, così poi lui sgonfierà quelle di quei due antipatici.

Ho scelto Umberto perché è un monello, sua madre lo riprende in continuazione. Ha rigato tutte le macchine dei vicini con la sua bicicletta, quindi è perfetto per il mio tranello.

In più, se è vero che io e Alice siamo finite in mezzo a una tresca tra vicini, le due serpi e i loro genitori rompiballe penseranno subito a lui, non certo a me.

Prima l’ho visto sul balcone e gli ho detto di venire giù, che ho una cosa divertente da fargli vedere. Tra mezzora ha una videolezione, ma dopo scenderà.

Sgonfierò davanti a lui le mie gomme e quelle di Alice, e quando la cosa verrà fuori, anche noi appariremo come due vittime del piccolo “sgonfiatore di gomme”.

Gli dirò che è una cosa da grandi, che lui non deve farla, così la farà sicuramente. Capirete! Va in prima elementare… i bambini piccoli sono facili da manipolare.

Ad Alice non dico niente, è meglio. Quella, se no, spiffera tutto ai nonni. Vedrete che entro stasera le biciclette dei due furbacchioni saranno sistemate.

Se poi non dovesse funzionare mi inventerò qualcos’altro, ma una cosa è certa: Samuele e Filippo non la passeranno liscia.

Farò in modo che Umberto cominci con la bici di Samuele, visto che è accanto alla sua e, tutte le volte che la vede, non fa altro che dire che è la bici più bella del mondo.

Gli dirò che le ruote che ha sono le più divertenti, perché quando le sgonfi fanno un rumore che ricorda un vecchio che scoreggia. Ovviamente non è vero, ma almeno così le sgonfierà entrambe, sperando di sentire il vecchio che scoreggia.

Umberto ci prenderà tanto gusto che sgonfierà ogni gomma di bicicletta che trova. E quando lo beccheranno, se anche dovesse raccontare in giro che sono stata io a fargli vedere come si sgonfiano le gomme, non sarà un grosso problema.

A chi pensate che crederanno gli adulti? A una brava bambina come me, o a un monellaccio come lui?

L’ira funesta del pelide colonnello

E brava la nostra Biancaneve, come dicono quei mangia lumache dei francesi: “chapeau”!

È stata perfida la bambina! Ha sgonfiato le gomme della bicicletta del nano e ha fatto in modo che venisse incolpato lo gnomo degli “sposta mobili” del piano di sopra.

Gran bella mossa, niente da dire.

Gli “sposta mobili” sono i vicini che abitano nell’appartamento sopra al nostro. Li chiamo così perché passano le giornate a spingere “cose” da una stanza all’altra, e, anche se non ho idea di cosa siano effettivamente queste “cose”, dal rumore che fanno sono quasi sicuro che siano mobili.

Di per sé non ci sarebbe niente di male se non fosse che il loro continuo peregrinare di camera in camera (a ogni ora, comprese quelle in cui in genere la gente normale dorme) mi rende la vita impossibile. Tanto per capirci: non ho un video pubblicato sul mio canale YouTube dove non si senta almeno una volta un mobile che si fa un viaggetto sopra la mia testa, e non è carino, ve l’assicuro.

Lo spostamento dei mobili, comunque, è solo uno dei punti chiave della questione: il caso ha voluto che la stanza del nanetto da giardino che hanno messo al mondo si trovi esattamente sopra la mia. Qualcosa che invece non ha niente a che vedere con il caso, ha voluto che quella piccola peste abbia le mani fatte di pasta frolla.

Tutto quello che tocca finisce inevitabilmente in terra!

Se poi considerate che io e Samuele abbiamo un letto a castello (io chiaramente sto di sopra) e che a mani di pasta frolla cadono le cose persino mentre sogna, dormire per me è diventata un’impresa impossibile.

Starete pensando che sono esagerato, che non mi va mai bene niente e che mi lamento di tutto. Be’, non è così. Infatti, tutto sommato, sono soddisfatto di come siano andate le cose alla fin fine. Parlo dell’altra storia, quella della bicicletta di Samuele.

La nostra piccola Biancaneve mi ha fatto un bel regalo. Visto che i muri che dividono la mia stanza da quella del piano di sopra sono sottili come una fetta biscottata, mi sono ascoltato in diretta l’intera punizione e i relativi piagnistei.

“Non sono stato io”, ue… ue…

Un vero spasso: musica per le mie orecchie.

Purtroppo però i piagnistei ci sono stati anche qui, perché Samuele è stato talmente tonno da non accorgersi che aveva le gomme sgonfie. Così è montato sulla sua bici e ha percorso due volte la discesa sotto casa nostra. Questo significa che è riuscito anche a risalire la strada! È abbastanza pendente, devo ammettere che è davvero forte quel ragazzino!

Dopo la seconda discesa, finalmente, si è reso conto che qualcosa non andava, ma ormai le camere d’aria erano belle che andate.

Del resto, come dice il colonnello, “Samuele è Samuele, ma a volte è anche troppo Samuele”, che è il suo modo gentile di dire che mio fratello è stordito come pochi.

Per farla breve: addio bicicletta.

I negozi sono praticamente tutti chiusi e, anche comprando il necessario su Amazon, figuriamoci se il subalterno o il colonnello sono capaci di montare una camera d’aria!

Io, forse, potrei anche riuscirci, ma non mi passa nemmeno per la testa di provare.

Per due o tre giorni Samuele non ha fatto altro che piangere.

Ragazzi! Era uno strazio vederlo così. Senza contare che mi rompeva le scatole il doppio di prima. E a peggiorare la situazione c’era la piccola Biancaneve che sfrecciava con la sua bicicletta su e giù per la strada. Con un sorriso stampato in faccia che lo capiva persino un ebete che era il suo modo di cantare vittoria.

Ma è durata poco, per fortuna.

Povera Biancaneve, non sa contro chi si è messa. Non sto parlando del nano, che non farebbe male a una mosca, e poi è talmente giù di corda che non riuscirebbe a vendicarsi nemmeno se gli servissero Biancaneve su un piatto d’argento. E non sto parlando nemmeno di me, perché dico tanto, ma alla fine sono innocuo come un agnellino. La piccola vipera ha scatenato l’ira funesta del colonnello, e ora sono tutti cacchi suoi!

E scusate il francesismo.

Forse quell’ingenua credeva di farla franca, e magari con qualche altro genitore ci sarebbe pure riuscita, ma la meschina ha toccato il piccolo del colonnello (e il colonnello è come una leonessa, se le toccano i cuccioli sono guai), per cui spero proprio che si fermi qui, altrimenti farà una brutta fine.

Davvero, se non fosse che se l’è cercata, proverei addirittura pena per lei.

Sapete com’è andata a finire tutta questa storia? Ve lo spiego subito.

Per prima cosa il colonnello ha raccontato tutto per filo e per segno alla moglie del sindaco, che guarda caso è la madre di una mia compagna di classe.

Il nome Giulia vi ricorda niente?

Ecco, la migliore amica del colonnello è la “vicesindaca” di Megliasco (e lo sappiamo tutti che, anche se il sindaco è suo marito, le decisioni importanti le prende tutte lei).

Come credete che abbia reagito la mamma di Giulia?

Indignata ha obbligato suo marito a mandare i vigili nella nostra strada, così da qualche giorno a questa parte c’è un silenzio che le mie orecchie, ormai fuori allenamento, faticano a sopportarlo!

Fine degli assembramenti abusivi e dell’asilo clandestino di Megliasco.

Ma credete che una cosetta del genere sia stata sufficiente a placare l’ira funesta del pelide colonnello?

Certo che no.

Come seconda cosa ha chiamato l’amministratore e ha preteso che Biancaneve e i suoi cento nani pulissero l’intero piazzale del condominio, visto che era pieno di fazzoletti smoccicati e che i vigili della retata non ci avevano fatto la multa per bontà divina.

Dato che i bambini sono bambini, e non si può pretendere troppo, alla fine a pulire è stato il nonno di Biancaneve, che tra l’altro lo ha fatto con così tanta gioia che per tutto il tempo ha cantato serenate d’amore per il colonnello.

E mentre lui si lamentava (senza nemmeno fingere di censurare gli insulti), sua moglie gli gridava di tutto dal poggiolo.

A questo punto chiunque si sarebbe sentito soddisfatto, ma il colonnello non è chiunque.

Qualche giorno prima del fattaccio delle gomme, lo sventurato mani di pasta frolla aveva pensato bene di rigare con la sua bici a rotelle la macchina del subalterno, guarda caso proprio davanti agli occhi del colonnello.

Ora, visto che il subalterno aveva già il dente avvelenato (o, più precisamente, aveva “le scatole piene di mettersi le mutande piene di peli di quelli di sopra”, parole sue), ma finora se n’era stato zitto per quieto vivere, fomentato dal colonnello ha chiesto il risarcimento dei danni.

Li ha ottenuti così velocemente che nemmeno la mafia paga tanto in fretta pur di insabbiare qualcosa.

Va be’, per il momento non c’è altro, ma mica lo so se il colonnello è soddisfatto.

Però alla televisione hanno iniziato a parlare della “Fase 2”, quindi è probabile che tra un po’ riprenderemo a uscire tutti quanti, e che ogni cosa si sistemerà come se nulla fosse successo.

E magari alla fine avevano pure ragione quelli che non mettevano la mascherina e che si sputacchiavano in faccia senza farsi problemi.

E chissà, forse riuscirò pure a dare un bacio a Giulia.

Racconto pubblicato in 5 episodi su Wattpad dal 7 maggio al 24 giugno 2020

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.