Sono affascinato dai vecchi libri.
Lo ammetto: ogni volta che passo davanti a uno di qui posti dove la gente lascia i libri per ridar loro vita, non riesco a resiste alla tentazione di sfogliare tutto quello che vedo.
Bell’idea, questa dello scambio libri. Anche se ogni tanto c’è qualcuno che fa incetta per rivenderseli! Altrimenti come farebbero a sparire persino le vecchie enciclopedie?
In questi giorni alla fermata dell’autobus della Piccola ho trovato una vera e propria perla: un libro mezzo ingiallito e macchiato dall’umidità intitolato cento poesie di un pittore.
Scritto proprio così, con tutte le lettere in minuscolo.
L’autore è Pio Roba, uno dei tanti pievese (anche se acquisito pure lui!) da non dimenticare.
In copertina non è indicato l’editore, ma una nota a fondo libro dice che è stato stampato nel settembre del 1980 dalla tipografia Bruzzone di Genova.
Immagino, quindi, che sia stata una sorta di auto-pubblicazione, o qualcosa del genere.
Mi chiedo chi se ne possa essere liberato, anche perché secondo me ci sono persino delle annotazioni dell’autore scritte a penna.
Forse è stato qualcuno che ha svuotato una libreria non sua. Magari ereditata.
Chissà.
Non importa. Anzi, chiunque sia stato, lo ringrazio. Mi ha fatto un gran bel regalo. E spero lo abbia fatto anche a voi.
Descrivendolo in breve, il libro contiene (immagino visto il titolo, ma non le ho contate) cento poesie e diversi disegni dell’autore.
Ma chi era questo Pio Roba?
A Pieve, ne sono sicuro, sono ancora tante le persone che lo ricordano.
Anche grazie al bell’articolo di Marina De Franceschini apparso nel novembre del 1999 (anno in cui Roba è morto) in quell’imperdibile raccolta intitolata Pieve su e Pieve giù.
E all’altrettanto bel saggio di Alessandro Siena, comparso a cent’anni dalla sua nascita nel Nono volume dei Quaderni di storia locale, da cui rubo (spero che l’autore non me ne voglia) la biografia.
Pio Roba non era pievese di nascita: nacque infatti ad Arenzano il 29 dicembre
del 1915 e a Pieve si trasferì solo nel 1959 con la moglie Adalgisa.
La sua infanzia non fu delle più semplici: la povertà della guerra e del primo
dopoguerra, la perdita del padre a soli otto anni. Frequentò prima il Liceo
classico, volendo diventare ingegnere, e poi le Magistrali, essendo venuta la
necessità improvvisa di lavorare per mantenere la famiglia3. Frequentò inoltre
la scuola d’arte Cesare Tallone di Savona. Nel 1935 venne chiamato al
Servizio Militare di Leva e parteciperà alle campagne di Spagna, Grecia e Albania.
Dopo l’otto settembre 1943 rifiutò di collaborare con i Tedeschi e nel
1944 si legò alla Brigata Partigiana Buranello in valle d’Orba, della quale
narrerà anche le vicende e successivamente si unirà alla Brigata Cichero dove
collaborerà con Aldo Gastaldi. Abbandonerà poi la carriera militare nel
1957 per motivi di salute e nel 1959 uscirà tra i primi classificati al concorso
per insegnante alle classi elementari. Nella “sua” Pieve riprese la passione
per i suoi studi, e la sua passione per la pittura e la poesia, bruscamente interrotta
dall’evolversi degli eventi bellici. Si spense a Genova il 21 maggio del 1999.
Ottenne numerosi premi e riconoscimenti tra cui:
Primo Premio Città D’Alassio
Primo Premio al Concorso Internazionale “Leone d’Oro”
Legion d’oro, Roma, premio di operosità d’arte (1975)
Segnalato nell’Archivio tedesco per l’Arte Italiana del Novecento: Kunsthoriches
Istitut in Florens (1977)
3° Oscar di Montecarlo del Principato di Monaco (1979)
Secondo Premio Internazionale per il libro 100 poesie di un pittore (1997)
Vincitore del Gran trofeo Arte ed Ecologia Oggi
Premio Internazionale (AFA) al Teatro Nuovo di Milano
Accademico di merito dell’Accademia dei 500 a Roma
Accademico di merito dell’Accademia Tiberina a Roma
Consultore d’arte National University – Toronto – CanadaAlessandro Siena
Pio Roba è stato tutto questo, ma è stato anche un ottimo maestro. Uno che ci teneva ai suoi studenti. O almeno questo è quello che dicono di lui gli ex bambini delle sue classi.
Il maestro Roba era stato allievo di Piaget, cosa che gli aveva dato un’impronta da insegnante decisamente all’avanguardia non solo per Pieve, ma per l’Italia tutta. Democristiano e partigiano bianco, uomo integerrimo, ha pagato molto cara la sua innovatività. È stato osteggiato da una certa classe pievese perché si allontanava dalla norma di quegli anni. Tanto per dare un’idea, ci aveva insegnato (solo in teoria, ovviamente) a fare il bidet, temendo che non tutti lo sapessero fare – stiamo parlando del 1967. Questa e alcune altre osservazioni igieniche avevano fatto gridare allo scandalo alcuni benpensanti.
Non solo: ci aveva insegnato a calcolare la superficie delle cose che ci circondano, e ancora poco tempo fa ho recuperato un foglio di carta dove avevamo riportato in scala il terrazzo delle scuole elementari. Ritagliare i triangoli per formare quadrati e rettangoli oggi è normale, negli anni Sessanta era fantascienza…
Un’altra delle cose tipiche del maestro Roba era portarci a osservare la natura. Ho ancora in mente l’immagine di tutti noi seduti nel triangolino di cemento davanti alla Cappelletta di San Gaetano a parlare di stagioni e a dipingere le foglie di un caco in autunno.
E – appena poteva – ci portava in giro per Pieve.
Ho un altro ricordo preciso di lui, che aveva dovuto abbandonarci all’inizio della quinta elementare per un infarto. Affidati a una supplente per quell’anno, eravamo già abbastanza grandi per capire la differenza tra un grande uomo e una semplice maestrina. Durante l’esame di quinta, l’abbiamo visto comparire sulla porta, (e mi viene il magone ancora adesso). Era venuto a darci il suo sostegno. Si era seduto in fondo alla classe, facendo capire di non voler assolutamente intervenire nella gestione dell’esame da parte della supplente.
Ma lei aveva scritto alla lavagna il titolo del tema scrivendo “qual’è” sbagliato, con l’apostrofo.
Il maestro Roba si era alzato… e facendo finta di niente mentre tutti scrivevamo, e io per caso no, si era avvicinato alla lavagna e col pollice aveva cancellato quell’apostrofo, andando poi come niente fosse alla finestra.
Le classi delle elementari di Pieve di oggi sono sempre le stesse, la nostra era l’ultima in fondo, e ogni volta che ci torno per votare, non posso fare a meno di commemorare un grandissimo gesto di un grandissimo uomo.
Aggiungo, perché è un capitolo a parte sul quale vorrei saperne di più, che anche sua moglie mi risulta essere stata partigiana.
Carla Scarsi Mura
Insegnava già la matematica moderna: insiemistica, sistema binario… Un grande
Brunella Lanza
Era il Mio Maestro alle elementari e, quando ho compiuto 18 anni, era venuto a casa mia per regalarmi il suo libro cento poesie di un pittore con dedica e foto di quando ero suo allievo.
Ruggero Radoslovich
Prima di venire a Pieve ha insegnato alla scuola Gianelli di Quinto, dal 1964 al 1967. Era stato il maestro di mio fratello Dado.
Laura Sezzi
Come vedete Pio Roba è stato un ottimo insegnante, ma tanti anni prima era stato anche lui uno studente. Tra il 1934 e il 1935 era stato allievo di E. Peluzzi, nella scuola d’arte Cesare Tallone di Savona (l’ho ricopiato pari pari dalla biografia del libro). Poi accademico di merito nell’Accademia Tiberina e dei 500 a Roma.
Se vi va di approfondire sappiate che si è guadagnato una pagina su Wikipedia.
Non è però la sua storia che mi interessa condividere con voi, bensì le sue poesie e i suoi disegni legati al nostro territorio.
NELLA PINEΤΑ
Alto suona il vento
fra chiome di pini,
come un’arpa
che esprime un canto:
un canto velato di verde
e trapunto di pigne,
quali brune note
nel profumo d’incenso.
A terra, il sentiero incerto,
macchiato d’ombre e luci
e coperto di scure foglie
già secche e morte.
Pieve Lig. – S. Croce 1973
SECONDO SOLE
Un altro sole
sei tu, mare
che a specchio
da un lago di luce
rifletti il suo calore:
risalendo diffuso
il pendio dei sentieri
con intenso bagliore,
ravviva e accende
ombre di alberi,
grondaie di tetti
e visi contadini,
già nella raccolta
dal presto mattino
sui docili ulivi.
Pieve Ligure 18-11-73
MAGGIO A PIEVE ALTA
Passeri pettegoli
spiano dalle grondaie;
merli e usignoli
sussurrano ancora
i loro amori
in fossati segreti;
e su rustiche aie
beccano libere
pavide galline.
Grida di bimbi
e voci di madri:
ai margini tortuosi
di fiorite stradine.
Nell’ombra felice
– di fronte la Chiesa –
gente seduta riposa
e confabula serena.
Poche case riunite
e tante altre sparse,
fra chiome dolci
di ulivi in fiore:
mirano al cielo
e al vasto mare;
dall’irta scogliera
all’orizzonte stinto
nel lago di luce;
su balze di terra
– tenuta da pietre –
di tanti muri,
che salgono il monte
sino al giallo fitto
di ginestre e ai pini
di un bosco distante.
6-6-76
SENTIERI E VIOTTOLI
(A Pieve Ligure)
Chini viottoli
e sentieri incerti
affondano in ombre
leggiadre di sole
e di erbe fiorite:
correndo al mare
solitari e spediti,
– giù dai ripiani –
in parchi ripieni
di lecci e cipressi;
qualcuno ritroso,
evitando il percorso
bruno dei treni;
poi riprende
sottile e lieto;
e va a perdersi
– in passi smarriti –
su dorsi di roccia,
che decide audace
a spingere avanti
un suo pensiero
– come parte di sé –
in frammenti di scogli,
pronti a rompere
la furia del mare.
12-2-78
GHIAIA DI MARE
Da secoli nomade,
rotoli pellegrina
nel mugghiare dell’onda
o nel vortice torrente,
che ti ha strappata
ruvida e informe
dal fianco d’un monte:
così ridotta poi
liscia e tonda
contro ferrigna
pietra di roccia
e – per altri secoli –
destinata in sabbia
ancora più meschina;
quieti solo in bonaccia
meritando i riposi
per quando tempesta
ti strugge
nei gorghi dei marosi.
Cedi al risucchio
trascinata nei fondi,
rimpiangendo luce
calore di sole e vita
di teneri muschi
e di granchi voraci,
fra scogliere e lidi:
dove l’uomo siede
con i suoi bimbi
e gioca nell’ombra.
28-1-78
« UNA CORONA »
La furia del vento
turbinava sul sagrato,
giocando – come un gatto –
con la corona di alloro,
sciupata già
per ogni canto.
Raccolsi da terra
quel serto ai Caduti
dell’ultima guerra:
e lo riappesi al monumento.
Il gesto crudele
del cattivo tempo
– anche lui scontento –
maledice così
l’inutile sorte:
Dal vetro di bottega
il ciabattino mi guardò
un istante soltanto.
29-11-78 / Pieve L.
SORI ANTICA
Lungo il torrente
– dietro l’Asilo –
resiste qualcosa
di vecchio e antico:
un passato che affiora
appena vivo,
nel ventilare verde
di alberi allineati
e di orti sparsi,
segnati da rovine,
già spente nel sonno
d’un feudo sepolto;
pare le conforti
un ospizio di vecchi
nell’ombra dignitosa,
che trattiene vivi
– ancora per poco –
pensieri e ricordi
in figure smarrite
di persone quasi mute
a guardare nuovi tempi.
Là, si scorda
anche il mare vicino
e la fretta dei giovani
sui loro motori:
è un senso di pace.
Ai margini di strada
passa – ogni tanto –
e fiorisce la voce sottile
di un bimbo vivace,
che scuote il riposo
dei giochi alle carte
e il vociare abituale
di uomini alle bocce,
in tempo di pensione.
Gli ulivi dei campi
– in silenzio e quieti –
anch’essi scordano
crudeltà passate:
meditando già forse
su quelle presenti.
23-6-78
N.b. Poesia richiesta e ascoltata su Radio/Montecarlo (rubrica Tempo di un disco) in data 20.11.79 presso il Comune di Sori.
CANE IN CHIESA
Nessuno lo vuole
questo animale
nella casa di Dio:
e pure per l’uomo
egli muore;
il « prete », invece no.
Dio lo benedisse
nell’Arca di Noé
e per questo lo conservò!
S. Bernardo – Bogliasco, 30-11-73
SCOGLIERA DI BOGLIASCO
Espansivo
il pino marino,
che fa moine
a finestre d’una torre
bianca e gentile
e staccato il cipresso
austero, che rigido
– come un pennello –
vuol dipingere il cielo,
dondolando appena
la sua vetta
nella tramontana.
Agavi e palme
esplodono
badando al terreno
sopra le rocce,
ove il dirupo scoscende
e precipita in tane,
divertite dall’onda,
che lieve si ritira
e ristende sorrisi di schiuma
sul fondo marino,
coperto di muschi lanosi
e capricciose alghe:
facenti prato e presepio
in giardino e foresta
per ricci e meduse,
con gamberi feroci
in caccia nascosta;
e quiete, sul fondo.
fingono la resa
rosse stelline.
3-7-77 Dal poggio del Bar Peruzzi.
GENIA
(Lattaia di Pieve)
I suoi occhietti
di cielo pulito
ridono e pensano
in pieno sole,
dentro una ragnatela
– tenace e fitta –
di rughe intessute
con fatica e sudore.
Quando l’incontro
scendere o tornare
– fra gli ulivi –
per irti sentieri
del suo monte,
è carica del peso
di secchi e fagotti,
che, agile, si porta
con saggia forza
di una formica:
quale umile figura,
vivace e contadina
d’una razza antica.
9-12-78
A presto
D.