La rotonda di Pieve

Natale si avvicina, è tempo di regali e io, invece di girare per negozi, ho deciso di fare un po’ di ricerca.

Il fatto è che ci sono cose che vediamo in continuazione e proprio perché ogni santo giorno ci passiamo davanti è come se non le vedessimo veramente.

Poi un giorno, senza nessun motivo, capita di fermarsi e di guardare queste cose all’apparenza scontate con occhi diversi. E scoprire che di scontato non hanno proprio niente.

A me è successo con la rotonda di Pieve.

Il primo ricordo concreto che ho della rotonda, e per concreto intento che ho pensato a lei come a qualcosa di speciale e non come a uno dei tanti posti in cui passavo più volte al giorno, risale a quando facevo le medie.

C’era una professoressa, era molto anziana, che si lamentava perché la statua era troppo piccola, e spariva all’interno del ‘parco’.

Io, che fino a quel momento non l’avevo degnata di uno sguardo, al punto che potei dire che nemmeno sapessi ci fosse una statua a Pieve, dopo una rapida occhiata avevo convenuto con lei: in effetti sì, una statua più grande sarebbe stata migliore.

Certo, allora non potevo capire che non erano le proporzioni a infastidire la professoressa, ma che c’era qualcosa in quell’ometto di marmo che, invece di commemorare i caduti come avrebbe dovuto fare, le riportava alla mente una storia oggi antica, ma allora ancora difficile da dimenticare. Specie per chi, come lei, l’aveva vissuta e non letta nel sussidiario come me.

Perché diciamo le cose come stanno: il soggetto del monumento ai caduti della rotonda di Pieve rappresenta un’epoca ben precisa dello scorso secolo, quella fascista.

Ora, io non voglio fare morali o addentrarmi in discorsi filosofici, però credo che gli italiani non possano far finta che quella storia non ci sia stata. Un’intera generazione è cresciuta con certi valori: giusto o sbagliato che sia, molti dei nostri avi (sangue che ha generato il nostro sangue) hanno creduto in quelle idee.

Tutto questo per dire che se anche il monumento del rotonda di Pieve ricorda l’epoca fascista non va demonizzato. Intanto perché è arte; può non piacere ma, è innegabile che lo sia. E poi perché la sua presenza, come quella di ogni costruzione del passato, è una testimonianza di ciò che è accaduto prima di noi.

Eliminarla perché scomoda è sbagliato: la storia non si cancella abbattendo le statue o, come vedremo tra un po’, modificandole per non urtare la sensibilità di chi le guarda. Bisogna farci i conti… per imparare dagli errori. Anche quando sono innegabilmente enormi e catastrofici.

Ma veniamo alla ricerca, anche perché di parole ne ho sprecate già tante, e poi vi passa la voglia di andare avanti. E sarebbe un peccato, visto che ho scoperto diverse cose interessanti.

Secondo Pier Luigi Gardella, come dice nel suo Memorie di guerra e resistenza nel Golfo Paradiso (edito De Ferrari, 2015) il monumento ai caduti del Parco della Rimembranza (allora veniva chiamato così) è stato realizzato negli anni Venti del Novecento al centro di un largo tornante dell’allora via Bettolo, oggi via Roma.

Via Roma durante i lavori di asfaltata tra il 1951 e il 1952

Mi permetto di aggiungere qualche informazione su via Roma, perché la storia della rotonda è strettamente legata alle vicende di questa strada.

Inizialmente era una strada comunale e, come abbiamo appena visto, era intitolata all’ammiraglio Giovanni Bettolo, senatore del regno d’Italia e benefattore di Pieve, che tra l’altro l’aveva inaugurarla personalmente nel 1913.

I lavori per costruirla, iniziati nel 1908 e terminati nel 1912, erano stati finanziati con i contributi statali dell’epoca, erogati per collegare le stazioni alle piazze e alle chiese dei comuni.

Fa sorridere scoprire che non tutti i pievesi la volessero e che i più contrari fossero proprio gli abitanti di Pieve alta.

Fatto sta che tra il 1913, anno di inaugurazione della strada, e gli anni dell’immediato dopoguerra la rotonda era già alberata, come dimostra la fotografia seguente.

E sempre come dimostra la foto non vi era presenza di statue.

Sempre secondo il libro Memorie di guerra e resistenza nel Golfo Paradiso di Pier Luigi Gardella la statua eretta negli anni Venti del Novecento nel Parco della Rimembranza, in concomitanza con l’intitolazione del poggio (perché più che un parco in effetti è una terrazza panoramica sul golfo di Genova e sul promontorio di Portofino) al Maresciallo Armando Diaz, duca della vittoria, era di bronzo.

Non so se esistano delle foto di questa statua, ma se fosse io non le ho mai viste.

Anzi se qualcuno ne possedesse una e volesse condividerla, io ne sarei felicissimo.

Non so quindi cosa rappresentasse la statua precedente, ma suppongo che non fosse tanto diversa dall’attuale. Può addirittura essere che fosse uguale, ma fatta di bronzo e non di marmo (come sembra far intendere Gardella nel suo Memorie di guerra).

L’ipotesi potrebbe essere concreta, visto che il soggetto rappresentato dovrebbe essere un combattente della Prima guerra mondiale (ma di questo parlerò più approfonditamente tra un po’).

Durante la Seconda guerra mondiale, come avvenuto per molte statue di bronzo in quegli anni terribili, anche la nostra è stata requisita e fusa per la produzione di armi.

Dopo la guerra, più precisamente nel 1951, in concomitanza dei lavori per l’asfaltatura di via Roma, l’allora sindaco Remo Chiarenzi l’ha fatta ricostruire; questa volta, come sappiamo, di marmo. Immagino perché volesse scongiurare il ripetersi di quanto avvenuto nell’allora recente passato.

Grazie alla testimonianza di Nino Dall’Oro, segnalata da Simone Galeazzi, sappiamo che prima del nuovo assetto voluto da Chiarenzi, non era possibile accedere all’interno del parco, perché era recintato e per la presenza di diverse croci in memori dei caduti.

L’inaugurazione del nuovo poggio, protetto da una ringhiera circolare dotata di un cancelletto per entrare, è avvenuta il 4 novembre 1951.

Secondo l’università di Genova come citato in Memorie di pietra, testimonianze della Grande guerra il Liguria (e qui devo ringraziare il preziosissimo contributo di Gian Angelo Bozzo) l’autore della statua è lo scultore (e pittore, nonché ex combattente della Prima guerra mondiale) Antonio Maria Morera, nato nel 1888 a Casale di Monferrato e morto a Genova nel 1964.

Ora… forse ai più questo nome dirà poco, ma appena leggerete qual è la sua opera più famosa vedrete che non si tratta di uno sconosciuto. Anzi! Morera era uno degli scultori più richiesti durante il periodo fascista (e non solo) a Genova (e non solo).

Suo è infatti il Monumento  al   navigatore  del  1938 che domina la Foce in viale Brigate Partigiane.

Inoltre è stato il direttore dell’Accademia Ligustica di Belle Arti e segretario del sindacato Artistico Ligure.

Ma torniamo alla statua di Pieve: come potete vedere nella foto sotto la firma dell’autore sul retro della base di marmo è chiarissima.

E qual è il soggetto scolpito dall’ex combattente della Prima guerra mondiale Antonio Maria Morera?

Secondo Gardella, nel più volte sopracitato libro, si tratta di un bersagliere.

L’approfondito studio di Gian Angelo Bozzo ci svela che con molta probabilità si tratta di un milite della M.V.S.N.(una camicia nera, in pratica).

Ma procediamo per gradi. Da una prima analisi Bozzo aveva ipotizzato si trattasse di un ardito.

Secondo Wikipedia quella degli arditi era una specialità dell’arma di fanteria del Regio Esercito durante la Prima guerra mondiale.

La specialità, costituita in autonomi reparti d’assalto, è stata sciolta nel 1920, tuttavia alcuni reparti arditi sono stati ricostituiti durante la Seconda guerra mondiale.

La figura dell’ardito, proprio per la sua audacia, era diventato un vero e proprio simbolo da prendere come esempio secondo la propaganda fascista.

Bozzo fa notare che gli Arditi, come i Bersaglieri ciclisti, vestivano la divisa dell’esercito italiano con la giacca aperta a differenza degli altri soldati che la indossavano con il colletto chiuso. E sempre come i Bersaglieri portavano sul capo il fez, anche se nero e non amaranto. Anche le mostrine erano nere (i bersaglieri le avevano come loro a due punte, ma sempre color amaranto).

Erano chiamati arditi perché erano destinati a colpi di mano, non a caso avevano in dotazione un pugnale da usare durante gli assalti.

Questo particolare del pugnale è importante e tra poco vedremo perché.

Gli arditi non avevano la normale dotazione di quattro giberne come gli altri soldati, tenute ai lati della fibbia (due a destra e due a sinistra), ma ne avevano solo due al centro e sulla sinistra avevano il pugnale.

Analizzando le foto della statua (o meglio ancora la statua vera e propria) si vede che ha tutte le caratteristiche dell’ardito, in effetti.

Una successiva analisi più accurata, svolta sempre da Bozzo, svela però che il soggetto indossa un’uniforme adottata nel 1933 con la riforma Baistrocchi.

La statua è quindi stata scolpita sicuramente dopo il 1933 e fa così cadere l’ipotesi che si trattasse di una riproduzione delle precedente statua di bronzo.

Ciò rende assai probabile che Morera avesse scolpito negli anni Trenta del secolo scorso una camicia nera aggiungendo al soggetto le mostrine da fanteria.

Veniamo al pugnale. Se notate oggi il soldato erge al cielo, con braccio teso una fiaccola di metallo.

Forse la fiaccola è stata aggiunta perché ciò che c’era in origine si era danneggiato, ma non credo.

Temo che sia stata messa tra gli anni Sessanta e i Settanta del secolo scorso per rendere meno violento visivamente il soldato che, ricordiamolo, vuole commemorare i caduti delle due guerre mondiali.

E siccome un pugnale (come si vede nell’immagine sotto che ritrae la statua prima della modifica) in anni difficili come (per esempio) quelli di piombo non era certo un bel messaggio, presumo si sia deciso di farlo sparire per dare spazio a una più pacifica fiaccola.

Secondo una versione meno poetica dei fatti segnalatami da Carla Scarsi, l’allora sindaco Remo Chiarenzi si sarebbe recato a Genova con l’intento di acquistare una statua del milite ignoto.

Più precisamente sotto al ponte di Sturla e da uno scultore noto perché, durante il periodo fascista, realizzava busti di Mussolini.

A quanto pare le cose non sarebbero andate secondo i piani: in mancanza di statue di militi ignoti lo scultore avrebbe proposto a Chiarenzi uno sconto per un pezzo avanzatogli dalle commesse legate alla Prima guerra mondiale.

La storia non dice se Chiarenzi abbia cercato alternative prima di accettare l’offerta. Dice però che, per adattare la statua allo scopo per cui l’aveva acquistata, ossia quello di commemorare il milite ignoto, abbia fatto sostituire il coltello d’assalto dell’ardito con una fiaccola.

Avrete intuito che questa versione dei fatti non vede di buon occhio né la statua né chi l’ha commissionata, infatti si conclude apostrofando la poca accortezza del sindaco che, per risparmiare, avrebbe messo la statua sbagliata, lasciando tra l’altro, come prova del suo cattivo operato, il fodero del coltello nella scultura.

Ci tengo a precisare che questo racconto deriva da una testimonianza tramandata verbalmente. E che quindi, tra ricordi, opinioni, passaggio di bocca in bocca e voci di un tempo ormai lontano, si possono essere aggiunte alcune coloriture. Magari per rendere più accattivante o divertente il fatto. O per ragioni più profonde e facili da comprendere.

A mio avviso, comunque, queste “malizie” non alterano il senso storico dell’episodio. Tutt’al più lo arricchiscono testimoniando anche l’ironia tipica del mugugno ligure.

Io sono dell’idea che il coltello sia stato sostituito per altri motivi, anche se non so quali.

Del resto, ci sono parecchi esempi di piazze italiane con statue di militi ignoti che brandiscono spade o fucili.

Inoltre esistono diverse fotografie che provano la presenza della statua con il coltello nella rotonda; se le cose fossero andate come raccontato sopra è più probabile che la modifica sarebbe avvenuta prima dell’installazione.

E per finire Remo Chiarenzi è stato sindaco di Pieve Ligure dal 3 giugno al 15 ottobre del 1951, è infatti deceduto pochi mesi dopo l’inizio del suo mandato. Suppongo quindi che il suo successore, il sindaco vicario Giuseppe Sommariva, lo abbia commemorato ponendo nel parco la statua da lui donata in sua memoria. La data riportata nella targa ai piedi del monumento, il 4 novembre 1951, avvalora questa tesi.

Ma è altresì vero che Morera riproduceva busti del Duce, basta fare una semplice ricerca in Internet e si trovano improbabili venditori in cerca di appassionati del cattivo gusto, che provano a piazzarne immagini d’epoca.

E che la statua venduta a Chiarenzi raffiguri un militare del periodo fascista, anche se molto simile a un ardito.

Se le intenzione di Chiarenzi erano quelle di donare a Pieve, in sua memoria, una statua che ricordasse il precedente milite ignoto in bronzo, è molto probabile che Morera gli abbia effettivamente proposto uno sconto per un pezzo avanzato e difficile da vendere, proprio perché scolpito durante gli anni del fascismo, ma comunque adattabile alla figura di un ardito della Prima guerra mondiale. Magari grazie all’aggiunta di mostrine da fanteria o all’eliminazione del coltello.

Non penso, ma è un mio parere, che Morera abbia modificato la statua; secondo me se anche si fosse trattato di un pezzo riciclato è stato venduto così com’era e non ritoccato.

Magari Morera era un nostalgico e aveva scolpito di proposito in quel modo la statua del milite ignoto commissionatagli da Chiarenzi.

Oppure lo erano entrambi.

O, addirittura, è stato proprio Chiarenzi a dare istruzioni su come scolpire la statua.

Questo, se vero, spiegherebbe il perché di tanto livore nei confronti del monumento da parte di molti pievesi del passato (e non solo).

Purtroppo come siano andate davvero le cose, almeno per il momento, è un mistero che i soggetti coinvolti si sono portati via con sé passando a miglior vita.

Ma forse non è nemmeno così importante sapere la verità. Qualsiasi essa sia, la statua è (e rimane) una parte della storia del nostro paese.

E lo rappresenta insieme alle sue contraddizioni. Nel bene e nel male.

Sarebbe invece molto utile scoprire com’era la precedente statua di bronzo, sempre che ci sia davvero stata (e qui ammetto di non essere molto ottimista, sono passati tanti anni ed è sempre più difficile trovare un testimone della sua esistenza ancora in vita, ma ci sto lavorando).

A questo punto, dopo tante ipotesi, non resta che tornare ai fatti, ossia a quanto dimostrato dalle fotografie legate alla rotonda.

Sulla colonna di mattoni su cui poggia l’opera di Morera in passato era cementata una targa rettangolare con scritto: AI NOSTRI CADUTI.

In seguito, al suo posto è stata fissata una nuova targa più grande e quadrata con inciso sopra: PIEVE LIGURE AI SUOI CADUTI.

Ai piedi del monumento un’altra targa (quella dell’accenno sopra) riporta la scritta: DONATO AL COMUNE DA REMO CHIARENZI SINDACO E COMBATTENTE 4 -11-1951 IN SUA MEMORIA.

Ai lati della strada si possono ancora notare le ringhiere dei tre poggioli belvedere che oggi, a causa del traffico automobilistico, hanno perso la loro funzione originale: quella di dar modo ai passanti di fermarsi e godere della splendida vista sull’intero Golfo Paradiso.

E con questo direi che ho terminato gli argomenti a mia disposizione.

Spero di avervi fatto un bel regalo di Natale.

Auguri

D.

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Pubblicato da lincredibilestoria

Sono nato a Genova nel 1973 e sono sempre vissuto a Pieve Ligure, nel Golfo Paradiso, dove tuttora vivo con mia moglie e i miei due figli. Laureato in Economia Marittima e dei trasporti sono impiegato nel settore del commercio. Appassionato di musica e letteratura, negli anni 90 ho realizzato con alcuni amici il sito web www.luciobattisti.net, ossia il primo sito web dedicato a Lucio Battisti, purtroppo oggi non più attivo. Il mio primo romanzo “L’incredibile storia di Marrazzo che non credeva ai fantasmi” (LFA Publusher, 2019) è stato finalista della seconda edizione del concorso “Romanzi in cerca di autore” realizzato da Passione Scrittore in collaborazione con Mondadori Store e Kobo Writing Life. Il secondo, “Frammenti di razionale confusione” (New-Book Edizioni, 2019), uscito nel solo formato digitale, è menzionato speciale del secondo Concorso Letterario New-Book Edizioni. Nel 2020 un mio racconto dal titolo "Vicoli" viene incluso nella collana "Racconti liguri. Vol. 2" (Historica Edizioni EAN: 9788833372013) grazie al concorso indetto dalla Historica Edizioni "Racconti liguri 2020". Il primo volume dell'antologia "Un Natale Horror 2020" (ISBN 9798581288856 - letteraturahorror.it) contiene un mio racconto dal titolo "Alcune distrazioni". Nella raccolta "Corde, delitti e altri misteri" (ISBN ‎ 979-8784705129 - #autorisolidali, dicembre 2021) è incluso un mio racconto dal titolo "La ragazza della cisterna di Ponte Vecchio". "Il racconto di un piccolo cane" appare nell'antologia "Letteratura per il nuovo millennio" (ISBN 978-88-946367-8-9 - QUIA Edizioni, giugno 2022). "Storie di treni, di stazioni e di esplosioni" è inserito nella raccolta della ivvi.it "Scrittori italiani, libro rosso" (settembre 2022). Nel novembre del 2022 la Brè Edizioni pubblica "C'era una volta Lorenzo - Gli ultimi istanti di un uomo sbagliato" (ISBN-13 ‏ : ‎ 979-1259702838), finalista della sesta edizione dell’iniziativa letteraria Fai viaggiare la tua storia, organizzata da Libromania con la collaborazione di De Agostini Libri. Dalla collaborazione con il Centro Studi Storie di Jeri, che si occupa di storia locale inerente ai comuni di Bogliasco, Pieve Ligure e Sori, nasce la pubblicazione del saggio "La favola del castello di Pieve Ligure" nel XV Volume dei Quaderni di Storia Locale (Novembre 2023). La giuria del Premio Letterario Internazionale Casinò di Sanremo Antonio Semeria ha scelto il racconto "Dall’alba al tramonto" per essere inserito nell’antologia dedicata al centenario calviniano dal titolo Camminando sul sentiero dei nidi di ragno (De Ferrari, EAN 9788855036320, Dicembre 2023).

4 Risposte a “La rotonda di Pieve”

  1. Grazie della ricerca meticolosa e interessante: devo ammettere che non ne sapevo nulla. L’unica cosa che avevo notato da sempre, le sproporzioni del Monumento. Ricordo che c’erano infisse nella terra delle targhette con dei nomi di soldati e ho pensato più di una volta che potessero essere le tombe. Grazie, un bel regalo di Natale. Marisa Saragni

  2. Frequento Pieve da almeno 50 anni e conosco perfettamente la rotonda..vicinissima a casa mia. Non avevo mai considerato la statua all’interno del parco. E’ davvero inessenziale. Dalla rotonda lo sguardo è inevitabilmente catturato dallo spettacolo del mare e del golfo Paradiso, perciò il cosiddetto parco della Rimembranza passa davvero in secondo piano. Grazie per aver condiviso questa storia interessante ! Maria Pia

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